La crescita del calcio asiatico

Mentre il Mondiale entra nel vivo, si possono cominciare ad analizzare le prime sentenze: sicuramente una di queste è che nessuna nazionale asiatica è stata in grado di arrivare oltre gli ottavi di una competizione che, per la seconda volta nella storia, viene ospitata proprio nel continente asiatico (la prima volta fu nel 2002 con il Mondiale di Giappone e Corea del Sud).

Il Qatar: sorpresa o progettazione?

Nessuno può dimenticare le forti polemiche che accompagnarono il percorso dei padroni di casa della Corea del Sud 20 anni fa, che, soprattutto nelle partite contro Italia e Spagna, sembrarono godere di un trattamento “particolare” da parte degli arbitri (il nome Byron Moreno vi dice niente?).

È proprio a causa di questo precedente che molte voci, ben prima del calcio di inizio, ipotizzavano un simile trattamento per la nazionale del Qatar, padrona di casa e per la prima volta presente in una Coppa del Mondo.

Voci ovviamente infondate e dettate più da scarsa conoscenza calcistica che da fatti concreti. Il CT spagnolo Félix Sánchez Bas è sicuramente il punto chiave nel percorso di crescita della nazionale qatariota. Arrivato nel 2006 nella penisola arabica, ha collaborato con l’Aspire Academy, un’accademia sportiva situata a Doha e che ha il compito di scovare e crescere talenti per permettere lo sviluppo del calcio in Qatar.

L’ex allenatore delle giovanili del Barcellona, una volta diventato CT, è stato in grado di costruire un gruppo vincente, guidandolo dalla nazionale under 19 fino al Mondiale, portando a casa una Coppa d’Asia di categoria con il Qatar Under 19 nel 2014 ed una Coppa d’Asia con la nazionale maggiore dello stesso Stato nel 2019.

Purtroppo, forse per la tensione accumulata nel lungo percorso di preparazione al Mondiale (a settembre il campionato qatariota è stato interrotto e la Nazionale ha iniziato il proprio ritiro), la squadra di Sánchez non ha saputo esprimere in campo il proprio talento, perdendo tutte e 3 le partite del girone e mostrando una sorta di inadeguatezza rispetto ai propri avversari.

Questo fallimento non ha comunque portato a rivoluzioni tecniche, per ora, e si può esser certi che siano state messe solide basi per un futuro interessante per questa Nazionale.

L’Arabia Saudita del Re…d’Africa!

Diverso il discorso per l’Arabia Saudita, ormai giunta alla sesta partecipazione mondiale e capace di stupire tutti con la vittoria all’esordio contro l’Argentina. Un 2-1 che resterà nella storia calcistica del Paese ma che non è bastato per superare il girone, complici le sconfitte successive con Polonia e Messico.

Quello che comunque rimane per il gruppo guidato dal CT francese Hervé Renard (soprannominato il Re d’Africa per aver vinto ben 2 Coppe continentali con le nazionali dello Zambia e della Costa d’Avorio) è la consapevolezza di potersela giocare con le ben più attrezzate nazionali europee e sudamericane.

Merito anche di un campionato, quello saudita, che ogni anno attira sempre più campioni in campo ed allenatori esperti in panchina(di questa estate gli arrivi di David Ospina e Luiz Gustavo al Al-Nassr dell’ex Roma Rudi Garcia) e che ha nel Al-Hilal una delle squadre più interessanti del panorama asiatico, capace di vincere ben due Champions League Asiatiche negli ultimi 3 anni.

L’Iran tra Calcio e Politica

Difficile parlare solo di calcio invece per quanto riguarda la nazionale dell’Iran, con la quale tutto il mondo ha solidarizzato in occasione della prima partita, quando i calciatori si sono rifiutati di cantare l’inno nazionale per tenere accesi i riflettori sugli scontri che si stanno verificando tuttora a Teheran dopo la morte della 22enne curda Masha Amini avvenuta circa 3 mesi fa (nella seconda partita poi l’inno è stato cantano a seguito, pare, di minacce ricevute proprio dal Regime iraniano).

Spostando il discorso sul terreno di gioco, la nazionale allenata dal portoghese Carlos Queiroz (che già aveva guidato l’Iran dal 2011 al 2019) ha avuto fino all’ultimo la possibilità di passare il proprio girone dopo la sconfitta contro l’Inghilterra e la bella vittoria contro il Galles, arrivando a giocarsi tutto nell’ultimo match, una sfida ricca di significati, contro gli Stati Uniti d’America. Il gol di Pulisic, tuttavia, ha interrotto il sogno iraniano di passare per la prima volta nella sua storia agli ottavi di finale di un Mondiale.

La crescita di questa squadra, certificata anche dalla semifinale in Coppa d’Asia del 2019, è comunque palese, grazie anche a sempre più calciatori che sbarcano nei campionati europei portando poi in nazionale la loro esperienza, ma rischia di essere frenata da un movimento calcistico interno che fatica ad aprire le porte a calciatori stranieri (solo il 7%) anche a causa delle condizioni di vita imposte dal regime iraniano.

Il percorso dei Socceros

Chi, invece, dopo 16 anni è nuovamente riuscita ad arrivare agli ottavi di finale è l’Australia, capace di riprendersi dopo la rovinosa sconfitta con la Francia all’esordio e battere di misura prima la modesta Tunisia poi la più quotata Danimarca.

La nazionale dei Socceros (soprannome che deriva dalla fusione di Soccer e Kangaroos, calcio e canguri), che già dal 2006 fa parte della Confederazione Asiatica anziché quella Oceanica, era giunta in Qatar dopo aver vinto ai rigori lo spareggio con la quinta classificata del gruppo di qualificazione del Sud America, il Perù, grazie alla parata decisiva su Varela del portiere del Sydney Andrew Redmayne, entrato al 120’ al posto del più quotato Mathew Ryan solo ed esclusivamente per parare i rigori.

Il destino ha voluto che proprio una sudamericana, l’Argentina, abbia  poi rispedito a casa l’Australia in un ottavo di finale terminato 2-1 in cui a risultare decisivo è stato un errore dello stesso Ryan che ha regalato a Julian Alvarez la gioia del secondo gol al Mondiale.

Sicuramente la nazionale guidata dal 59enne Graham Arnold si trova comunque in un momento di ricambio generazionale, periodo non facile certo, ma che in Australia si stanno preparando ad affrontare da qualche anno grazie ad una serie di riforme che hanno reso le società calcistiche molto più simili ai club europei, liberandole da vincoli e obblighi verso la federazione e lasciando così la possibilità di trattare autonomamente le questioni economiche e di sponsor.

Asia, la Corea del Sud di Son e Kim all’esame Mondiale

Altra nazionale ormai in pianta stabile ai Mondiali è la Corea del Sud, ospite dal 1986 di ogni edizione della competizione.  Se ormai non si può quindi certo parlare di sorpresa nel vedere i coreani nella fase a gironi, sicuramente i ragazzi guidati dal portoghese Paulo Bento hanno saputo regalare ugualmente prestazioni di altissimo livello in un girone complicato che li vedeva contrapposti a Portogallo, Ghana e Uruguay.

Se, dopo il pareggio contro Suarez e compagni e la sconfitta per 3-2 contro il Ghana del gioiellino Kudus, tutto sembrava finito, è perché forse nessuno aveva considerato l’enorme impegno che Son e compagni avrebbero messo fino all’ultimo minuto, arrivando proprio oltre il 90esimo a siglare il gol necessario per battere il Portogallo e assicurarsi gli ottavi di finale.

A quel punto il tabellone ha messo sulla strada della nazionale di Seoul un Brasile fino ad allora inarrestabile, ed il sogno è finito per Bento e soci. Ciò che comunque fa ben sperare la federazione per il futuro è il sempre maggior interesse per i calciatori coreani dimostrato dai club europei.

Basti pensare al talento ormai esploso al Tottenham di Heung-min Son, o al difensore del Napoli Min-jae Kim, veri pilastri di questa nazionale, insieme al talentuoso e giovane astro nascente Kang-in Lee, punto fisso del Mallorca a soli 21 anni.

I Samurai del pallone

Infine, impossibile non parlare di una delle rivelazioni di questo mondiale, il Giappone. Giunta ormai al suo settimo mondiale consecutivo la nazionale nipponica sembra non finire mai di stupire!

Se infatti nel 2018 furono eliminati dal Belgio agli ottavi solo grazie ad un gol di Chadli al 94esimo, quest’anno a sorprendere non è stata tanto l’eliminazione nello stesso turno ai rigori contro i vicecampioni del mondo in carica della Croazia, bensì la doppia vittoria nel gruppo contro Germania e Spagna, battute entrambe 2-1.

Gli uomini guidati dal CT Hajime Moriyasu hanno mostrato di saper ormai competere a testa alta contro chiunque, merito di un movimento che ha saputo aprire le porte alle competenze calcistiche europee mischiandole ai propri valori umani e sportivi, ed il risultato è un qualcosa che non può lasciare indifferenti e che segna inevitabilmente un costante passo avanti per il calcio giapponese ed asiatico in generale.

In conclusione, dovendo fare un bilancio del calcio asiatico e del suo percorso mondiale, è innegabile che la crescita sia costante e che quasi tutte le federazioni nazionali stiano intraprendendo percorsi  diversi ma tutti con l’idea di un miglioramento continuo, chi utilizzando la propria potenza economica, chi aprendo le porte all’occidente e chi riformando i propri campionati in modo da renderli più competitivi.

Non resta che attendere la Coppa d’Asia del 2023 per godersi lo spettacolo di diversi approcci che puntano però allo stesso obbiettivo: crescere per vincere.

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Paolo Scoglietti

"... E la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente, c'è sempre un'altra stagione. Se perdi la finale di Coppa in maggio puoi sempre aspettare il primo turno in gennaio, che male c'è in questo? Anzi è piuttosto confortante, se ci pensi" Osservatore della realtà con un grammo di sogno essenziale, scoperto da quando scrivo di calcio inglese. Amante della sua inimitabile storia e di tutti i suoi bauli pieni di segreti.