Klopp e il suo Liverpool stanno attraversando una stagione calante. Forse sarebbe meglio definirla deludente. Eliminato dalle coppe nazionali e impegnato seriamente in una corsa selvaggia verso la qualificazione per la prossima Champions League.
Non è la prima volta che accade durante le sue gestioni. È capitato al Mainz, al Borussia Dortmund e nello stesso ciclo a Liverpool.
Il Mainz senza Klopp sarebbe ancora definito la “squadra del carnevale”. Poiché molto probabilmente, a Mainz si celebra il più famoso carnevale della Germania.
Ma “il giovane barbuto che salta su e giù su un immaginario castello gonfiabile”, scriveva il Guardian, lo portò in Bundesliga per la prima volta della storia. Una volta arrivato lassù, riuscì anche nell’impresa di qualificarsi in Europa.
Nella stagione successiva, 2006-07, succede la catastrofe: retrocessione nel campionato cadetto. Errori arbitrali, infortuni, occasioni da gol sprecate, gol subiti stupidamente: la solita litania delle squadre che retrocedono.
A Dortmund dopo aver vinto due titoli, una coppa nazionale e due Supercoppe, e dopo aver sfiorato la vittoria in finale di Champions League, l’annata 2014-15 fu una specie di incubo: sette sconfitte nelle prime dieci gare di Bundes, eliminazione agli ottavi di Champions e sconfitta nella finale di coppa di Germania dal Wolfsburg.
L’addio a fine anno era inevitabile.
Ora, siamo all’ottavo anno nella sponda rossa del Merseyside e una simile situazione è accaduta all’inizio della stagione: due pareggi e una sconfitta nelle prime gare di campionato. I Reds non iniziavano così male dalla stagione 2012-13 quando sulla panchina sedeva Brendan Rogers.
Klopp, finora, ha allenato tre squadre e il tempo di permanenza è stato minimo di sette anni (sia al Mainz e sia al Borussia). E le coincidenze dei periodi, o forse annate, negative portano alle medesime motivazioni: evidenti problemi nell’affrontare le squadre meno blasonate del campionato.
Era successo anche nel suo sesto anno al Liverpool, due anni fa, riuscendo solamente a raggiungere il quarto posto all’ultima giornata. Quell’anno i vari infortuni, tra cui quello della colonna portante della difesa Virgil Van Dijk, ebbero un’influenza determinante sui risultati negativi.
Gli infortuni? Pura sfortuna. Oppure no? Anche questa è una costante delle annate “nere” di Klopp. Quando era al Dortmund, alcuni si chiedevano se a peggiorare la situazione infortuni fosse stato l’addio del preparatore atletico degli anni precedenti.
Per Klopp la gestione ricorrente di questi momenti non ha una natura atletica e nemmeno tattica ma solamente di principio: l’applicazione. Nel senso che in tutti questi anni, il tedesco non ha mai cambiato sistema di gioco e si è mai addossato la colpa alla mancanza di un piano B.
La sua idea di calcio, composta da tanta intensità e soprattutto disponibilità da parte di tutti i giocatori nel correre in avanti, anche nella fase di non possesso, è una richiesta esigente.
Il famoso “Gegenpressing” funziona soltanto se i dieci calciatori, tutti insieme, si coordinano e si muovono armonicamente.
A volte, alcuni calciatori quando pensano di aver raggiunto già qualche risultato, di avere più esperienza, improvvisamente non sono più disposti a dire sì a tutto.
E per una ragione naturale può succedere che, dopo sette anni, un ambiente abbia bisogno di un cambiamento, o semplicemente di stimoli diversi.
Oppure il Liverpool sta attraversando una fase di rinnovamento, una sorta di secondo ciclo “kloppiano”, dati i diversi innesti del mercato di quest’anno.
Non dimentichiamo che Klopp ha esteso il contratto con i Reds fino al 2026 e l’ambiente di Liverpool adora il proprio allenatore.
C’è una curiosità divertente nell’infanzia di Klopp: da ragazzino amava leggere un fumetto spagnolo, Mortadelo y Filemòn, che raccontava le avventure di due agenti segreti che subiscono continuamente infortuni e mutilazioni senza riportare danni permanenti, tornando come nuovi nella vignetta successiva.
«Mi piaceva quel fumetto. Era geniale la velocità di rigenerazione dei personaggi: non importava che fossero finiti sotto un rullo compressore o fossero caduti in un burrone profondo ottocento metri, continuavano come se non fosse successo nulla».
E qui troviamo lo spirito combattivo di Jurgen, il quale dalle grandi delusioni subite durante la carriera ha sempre avuto la forza di riprendersi e, appunto, di rigenerarsi come le leggi fisiche e biologiche di quel fumetto.