Cinque anni: questo è il tempo che è servito alla Roma per espugnare San Siro, dove non vinceva da quel febbraio 2017 in cui un ispirato Radja Nainggolan in giallorosso non perdonò quella che poi sarebbe diventata la sua futura squadra. La gara a Milano contro l’Inter ha dimostrato ancora una volta come Mourinho stia lasciando una forte impronta sul carattere della squadra, percorso già iniziato lo scorso anno e che aveva già fatto vedere i suoi frutti con il successo in finale di Conference League contro il Feyenoord.
La Roma di oggi non è sicuramente quella che abbiamo visto nel 2019. Certo, anche allora in rosa la qualità non mancava, ma quindi com’è possibile che in quegli anni la squadra della capitale è sempre rimasta fuori dalle posizioni delle «big», faticando con squadre, facili sulla carta, ma che ai giallorossi avevano solo lasciato pochi punti e tanti rimpianti?
Sicuramente le cose sono cominciate a cambiare già ad agosto 2020, quando l’AS Roma passò da James Pallotta (che può vantare comunque una semifinale di Champions League sotto la sua gestione, conquistata nel 2018 con Di Francesco in panchina) alle mani di un altro statunitense, Dan Friedkin, che in meno di un anno ha portato sulla panchina giallorossa un professionista come Mourinho per riportare la Roma tra le quattro grandi squadre d’Italia. Probabilmente mai scelta fu più azzeccata: il percorso dell’allenatore portoghese è iniziato forse con più bassi che alti (vedi la disfatta contro in Norvegia contro il Bodo Glimt o il rocambolesco 4-3 subito in casa contro la Juventus a gennaio), ma proprio quei «bassi» hanno fatto sì che fosse possibile costruire una squadra combattente, ambiziosa, capace di dimostrare davvero il suo valore. E la vittoria della Conference League è una prova inconfutabile della giusta strada intrapresa da Mourinho e da tutto il gruppo squadra.
Nel calciomercato estivo di quest’anno, la parola chiave della Roma è probabilmente stata «spesa minima», che non necessariamente rappresenta una cosa negativa. Infatti, secondo Transfermarkt, il totale degli acquisti di agosto ammonta a solo 8,5 milioni di euro, che sono serviti a rilevare i cartellini di Celik e del prestito di Camara dall’Olympiacos. Gli altri acquisti (vedi Dybala, Belotti, Matic, Wijnaldum) sono tutti arrivati a parametro zero. Poco meno di 9 milioni per rafforzare tutti i reparti non è un’operazione che va sottovalutata, soprattutto se questi sono i risultati.
Nella gara contro l’Inter a San Siro, Mourinho ha sorpreso tutti con uno schieramento alquanto inusuale, di fatto senza nessuna punta in attacco, ma con Zaniolo e Dybala ad alternarsi come estremo riferimento offensivo e di fatto tenendo in panchina Tammy Abraham, fino a quel momento considerato l’uomo chiave del progetto giallorosso. Genio o sregolatezza? Nel caso di Mourinho, potrebbe trattarsi di entrambe le cose. Ma si sa che, folli o meno, tutte le scelte del portoghese hanno una logica di fondo e sono frutto di uno studio metodico e di un’attenta preparazione della partita nei minimi dettagli. Durante la prima mezz’ora, la Roma soffre molto l’aggressività dell’Inter che fin dai primi minuti sembra aver preso in mano le redini del gioco, andando in vantaggio prima con Dzeko (rete poi annullata per fuorigioco) e poi con Dimarco. Ma è proprio in questo momento di maggiore difficoltà che la Roma si rialza. Dopo soli 10 minuti, infatti, Dybala fa proprio quello che è chiamato a fare: gol pesanti e difficili sul piano della tecnica. Il cross dalla fascia sinistra di Spinazzola è perfetto, preciso, calibrato al millimetro sui piedi dell’argentino lasciato solo in area: coordinazione perfetta e tiro al volo che beffa Handanovic (che forse poteva fare un po’ meglio) e regala ai giallorossi il momentaneo pareggio.
Da quel momento in poi, è solo un crescendo di fiducia e qualità per la Roma di Mourinho, squalificato e costretto a guardare la partita dalla tv del pullman giallorosso. Matic fa il lavoro sporco a centrocampo, Smalling è un muro invalicabile in difesa e sempre pungente su palla inattiva (il gol del 2-1 su calcio di punizione arriva proprio dalla sua testa), Mancini e Ibanez sembrano molto più maturi (e meno irruenti) di quanto eravamo abituati a ricordare: qui è racchiusa tutta la crescita della Roma, che ha sicuramente ancora molto da perfezionare, ma rispetto all’anno scorso è migliorata tanto soprattutto sul fronte della mentalità e questa è «figlia» della vittoria in Conference League.
La Roma ha sempre sofferto molto negli scontri diretti nelle ultime due stagioni, l’anno scorso ha guadagnato solo due punti (due pareggi con il Napoli) in 8 partite contro le prime quattro in classifica. Quest’anno la Roma ha già affrontato Juventus e Inter: un pareggio contro i bianconeri e l’ultima vittoria contro l’Inter a San Siro, 4 punti su 6 disponibili. Fino a qualche anno fa, vincere contro una squadra come l’Inter (seppur senza Lukaku e Brozovic), soprattutto dopo essere andati sotto nel punteggio, era una cosa probabilmente sottolinea come il percorso intrapreso da Mourinho e da tutta la società stia andando nella direzione giusta.
Non la stessa direzione dell’Inter di Inzaghi, che si ritrova ora nona in classifica (a pari punti con il Sassuolo). Nell’era del Presidente Zhang mai i nerazzurri avevano registrato un inizio di stagione così deludente, con 4 sconfitte negli 8 turni giocati di Serie A. Qualcosa si è inceppato nei meccanismi di una squadra che tanto bene aveva fatto sotto la gestione di Antonio Conte, ma che ora, con quasi gli stessi giocatori e un allenatore diverso, arranca in classifica.
I nerazzurri sembrano aver perso quello spirito e quel carattere che l’avevano caratterizzata in passato, insieme alla determinazione e a quella peculiare capacità di chiudersi e ripartire in fretta: il rendimento di Bastoni sembra un po’ in fase calante, Skriniar non ha ancora fatto vedere a pieno il giocatore che ha dimostrato di essere, De Vrij sembra essere lontano dalle sue migliori prestazioni. L’anno scorso Inzaghi ha vinto le coppe (Coppa Italia e Supercoppa Italiana), ma aveva perso il campionato all’ultima giornata.
Chissà che questa sconfitta non si sia poi riflessa sul rendimento di quest’anno. L’Inter è capace di vincere e lo ha dimostrato: tocca ora a Inzaghi mettere mano alla squadra per cercare di spazzare via quella fragilità che tanto sta limitando le prestazioni dei nerazzurri. Forse la prova (più mentale che fisica) della Roma potranno essere d’aiuto durante le sessioni di allenamento ad Appiano Gentile…