I 48 anni di una leggenda: auguri, Alessandro Del Piero

Dillo tu alla maestra, io da grande farò il calciatore” diceva il piccolo Alessandro Del Piero alla mamma, avendo le idee già chiare sin da bambino sul suo futuro. Lui che è cresciuto col calcio dentro da subito, come si vede in una vecchia foto dov’è immortalato su un prato, cappellino in testa e pallone (più grande di lui) tra le mani. Lui che è partito dalle colline venete oggi note per il Prosecco, eccellenza nostrana nel mondo, e che con la sua passione ha conquistato milioni di persone in tutto il mondo.

Un viaggio partito nel segno dell’umiltà e della semplicità, valori che gli vennero trasmessi dalla famiglia, dal padre elettricista che gli illuminava il campetto dietro casa per farlo giocare la sera, alla madre che voleva giocasse in porta, così che almeno non sudasse.

E lui effettivamente giocava in porta, salvo poi spostarsi in avanti quando mamma Bruna si allontanava un attimo, perché il suo istinto lo portava là dove avrebbe fatto la storia del calcio italiano e non solo, negli anni a venire. Alessandro era un 10, e non solo per la pulizia nel calcio, pensando a quando spegneva le luci del garage colpendole con una pallina da tennis, o quando si allenava nelle punizioni a casa, con una palla di spugna, cercando di scavalcare il divano usato come barriera.

Alessandro è stato un 10 per carisma, forza d’animo, lealtà, e per tutti i valori che ha saputo trasferire col suo calcio nella sua carriera. 10, dicevamo, numero che torna insistentemente nella nostra storia, partendo da un 10 Novembre. L’anno è il 1987, Alessandro viene dal suo 13esimo compleanno, festeggiato il giorno prima, quando viene notato durante una partita dei Giovanissimi da Vittorio Scantamburlo, che di professione faceva il bidello e dopo la pensione si è riscoperto osservatore calcistico. A quella partita tra San Vendemiano e Orsago lo manda il direttore sportivo del Padova dell’epoca, Giambattista Pastorello, che gli segnala due ragazzi promettenti, Zanin e Del Piero.

Il secondo in particolare, quello col numero 9, è da tenere sott’occhio per come “addomestica la palla col collo del piede come se fosse sgonfia, ripartendo di corsa e seminando gli avversari”. A fine partita Scantamburlo, parlando col giovane, scoprirà che ha già fatto un provino col Torino l’anno prima ma a suo dire là “non lo vogliono”.

La verità in realtà era un’altra, la mamma Bruna aveva rifiutato la corte del Torino, come se per qualche strana intuizione del fato sapesse che il suo Alessandro era destinato sì a quelle latitudini, ma con dei colori diversi. L’osservatore arrivato su una 126 bianca, però, avrà più fortuna dei suoi colleghi piemontesi, e stavolta il giovane Del Piero prenderà al volo l’occasione, lasciando la provincia, i campetti dietro casa, le colline, e quegli amici con cui giocava fino a tarda notte.

Alessandro Del Piero e la Juventus: un amore destinato a scrivere la storia

Da là Alessandro non si è più fermato, fino all’esordio tra i professionisti arrivato il 15 marzo del 1992, in un Padova-Messina di Serie B. Del Piero ci era riuscito, era diventato davvero un calciatore, come diceva alla mamma tanti anni prima. E non passò molto prima che la Juventus gli mettesse gli occhi addosso, con Giampiero Boniperti che lo volle fortemente e lo incontrò personalmente a Udine, per convincerlo a vestire la maglia bianconera.

Come in seguito racconterà lo stesso Del Piero, dopo avergli fatto vedere la sala dei trofei, invitandolo a rinnovarla il prima possibile, Boniperti gli disse di non preoccuparsi e di firmare in bianco: lui avrebbe messo la cifra in seguito.

E Alessandro, catturato dal carisma e dalla schiettezza della leggenda bianconera firmerà, dando il via a una storia d’amore che lo ha legato indissolubilmente alla squadra piemontese. L’esordio con la Juventus avverrà il 12 settembre 1993, mentre per il primo gol basterà attendere una settimana in più, nel giorno del 4-0 contro la Reggiana, il 19 settembre.

Nella sua lunghissima militanza tra Juventus e Nazionale, Del Piero vivrà momenti di eccezionale entusiasmo alternati a grandi cadute, da cui si è sempre rialzato con una forza e una determinazione non comuni. Perché, come disse lui stesso in una sua celebre intervista “non conta il numero di guerre a cui si partecipa, ma come ci si partecipa”.

Il riferimento era ad Achille, l’eroe greco da cui prese spunto per definire la sua condizione del momento, in un periodo tra i più ricchi di emozioni contrastanti nella sua carriera. Era l’estate del 2006, quella di Calciopoli, della Juventus in B e del “cavaliere che non abbandona mai la sua Signora”, ma anche quella del mondiale vinto in Germania.

Una rivincita per molti, anche per Alessandro, su cui da tempo pesava la nomina di quello bravo ma non decisivo con la nazionale, dopo gli errori di Euro 2000 in finale con la Francia. Un Del Piero che si pensava non potesse più tornare al top dopo il momento Sliding Doors della sua carriera, quell’infortunio al ginocchio arrivato nel momento di massima ascesa al calcio mondiale.

Era l’8 Novembre 1998, alla vigilia del 24esimo compleanno, quando Alessandro a Udine si lesionò il legamento crociato anteriore e posteriore del ginocchio sinistro. Fu l’inizio di un lungo percorso riabilitativo che soltanto 9 mesi dopo restituì l’attaccante al calcio italiano, con Del Piero che ci mise un po’ a recuperare la forma migliore, e con l’avvocato Agnelli che in questo periodo gli diede il soprannome di Godot, non più Pinturicchio.

Ma la forza interiore del ragazzo di Conegliano è sempre stata “la protezione più potente che hai”, per usare le parole che lui stesso ha scelto ricordando un altro momento fondamentale nella sua carriera: siamo nel 2001, è un Bari-Juventus qualsiasi, ma non per Ale. Perché Del Piero ha appena perso il padre Gino dopo una lunga malattia, e il miglior modo per ricordarlo è quella corsa quasi rabbiosa sulla fascia sinistra, quel dribbling su Neqrouz, quel tocco sotto per battere Gillet, e soprattutto quel pianto liberatorio dopo aver segnato.

Gioie e dolori di una carriera che lo ha visto battere tutti i record con la sua Juventus, squadra con cui ha vinto tutto ciò che c’era da vincere, facendolo da capitano e protagonista, dal primo all’ultimo anno.

Il saluto dei suoi tifosi, il 13 maggio del 2012, all’ultima partita con i bianconeri, è la dimostrazione di quanto Del Piero abbia dato alla Juventus e di quanto abbia ricevuto da essa, al di là dei numeri che parlano di 705 presenze e 289 gol in tutte le competizioni. Quel giorno la partita divenne un semplice contorno al giro di campo del numero 10, acclamato dalla folla commossa in quello che è stato uno dei momenti più emozionanti per ogni tifoso bianconero nella storia recente del club.

Gli ultimi anni da calciatore hanno portato Del Piero a provare esperienze in altre realtà calcistiche, su tutte il biennio al Sydney in Australia, chiuso con 48 presenze e 24 gol totali, prima di finire la carriera giocando qualche mese in India col Delhi Dynamos.

Il Del Piero fuori dal calcio è oggi una personalità poliedrica che si divide tra la passione per la cucina, con un ristorante a Los Angeles, dove risiede, e il suo grande amore per il calcio, testimoniato dalla fondazione di una squadra dilettantistica (il LA 10, club dai colori sociali, guarda caso, bianconeri) e di una Juventus Academy.

Quel bambino che giocava fino a tardi nel campetto dietro casa si è fatto ragazzo e poi uomo, lasciando le campagne venete senza mai dimenticare le sue origini, e costruendosi una notorietà basata sui valori più veri dello sport, avendo ispirato generazioni di giovani calciatori e tifosi di tutte le età e di qualsiasi fede calcistica. E dunque tanti auguri Alessandro, simbolo e faccia pulita del calcio italiano, perché inseguire i propri sogni è sempre la cosa giusta da fare.

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Paolo Scoglietti

"... E la cosa stupenda è che tutto questo si ripete continuamente, c'è sempre un'altra stagione. Se perdi la finale di Coppa in maggio puoi sempre aspettare il primo turno in gennaio, che male c'è in questo? Anzi è piuttosto confortante, se ci pensi" Osservatore della realtà con un grammo di sogno essenziale, scoperto da quando scrivo di calcio inglese. Amante della sua inimitabile storia e di tutti i suoi bauli pieni di segreti.