Ci sono uomini che hanno dei sogni, delle vere utopie. Sembrano irrealizzabili, impossibili. Quegli uomini sono destinati ad incontrarsi. Sono destinati a realizzare quelle utopie e dar vita al cambiamento.
Questa storia inizia nel 1910. In “ruas dos imigrantes” a São Paulo, Brasile, nove operai fondano il Corinthians. Il loro obbiettivo è quello di aprire il calcio al popolo, alle classi più povere. Fino ad allora, il calcio era uno sport d’élite riservato ai ricchi, agli immigrati britannici. Decidono di chiamare quel club Corinthians, il nome viene mutuato dal Corinthian F.C., una squadra inglese che in quel periodo era in tournée in Brasile. Il simbolo del Corinthians è un timone, Timao in portoghese.
Il 19 febbraio del 1954, a Belèm, nasce Sócrates Brasileiro Sampaio de Souza Vieira de Oliveira, meglio noto come Socrates. Il padre Raimundo è un appassionato di filosofia greca. Chiama il figlio come il filosofo della maieutica. Raimundo è di origine amazzonica, è povero, ma colto.
Dà la possibilità al figlio di studiare, di andare all’università. Il sogno è quello di vederlo dottore, desidera che il figlio svolga un’attività fondamentale per la comunità. Vuole un figlio che curi la gente, che salvi vite. Socrates diventerà dottore come voleva papà, ma è anche un dio del futebol, uno dei più grandi talenti brasiliani della storia.
Il suo è un gioco elegante, tecnico. Socrates è alto e magro, ha lunghe leve. Queste caratteristiche gli valgono il soprannome di “Magrao”. Tra il 1978 e il 1984 la carriera de “El Dotour” si lega indissolubilmente al Corinthians. Diverrà “o Timao”, il timone della squadra paulista, non solo in campo, ma anche fuori.
Il Brasile, in quel periodo storico, era guidato dalla dittatura militare. Nel marzo del 1964, il maresciallo Castelo Blanco si era impossessato del potere con un colpo di stato. Dopo 20 anni, il potere era passato al Generale Joao Figueiredo. La dittatura di Figueiredo è alla canna del gas, è crepuscolare.
Il dittatore, agli inizi degli anni ‘80, è costretto a concedere elezioni municipali e statali libere. Concede un’elezione indiretta del presidente. Nonostante queste aperture, il regime rimane duro, violento. Solo nel 1989, il Brasile si libererà definitivamente dal giogo della dittatura.
Durante quegli anni, il calcio brasiliano è strettamente collegato con il potere. I presidenti dei club sono collusi con la dittatura. Il football è un oppio per anestetizzare le masse, viene utilizzato dai militari a fini propagandistici. I giocatori sono indottrinati politicamente. Non sono liberi. Sono costretti a lunghi ritiri. Sono allenati e gestiti secondo rigide e ferree regole. Nel microcosmo del futebol carioca si riproducono le dinamiche della dittatura.
La “Democracia Corinthiana” per combattere la dittatura
Nel 1982 al Corinthians nasce la “Democracia Corinthiana”. È un vero e proprio laboratorio, è un progetto sociale, sportivo, politico. I promotori sono Socrates, il direttore sportivo Adilson Monteiro Alves e l’allenatore Mario Travaglini. Lo spogliatoio diventa assemblea.
Tutte le decisioni inerenti alla squadra vengono messe ai voti. Al voto partecipano tutti. Giocatori, magazzinieri, dirigenti. Il voto di ciascuno vale uno. La maggioranza vince. In tal maniera si decide su tutto, dal menu, alle trasferte, metodi di allenamento, orari.
Tutto viene deciso in collegialità, in democrazia. È una rivoluzione, è un punto di rottura. La squadra si compatta. Il collettivo si rafforza. “La squadra è un tutto. Io da solo non valgo nulla”, amava ripetere Socrates, leader carismatico di quel progetto. In campo, la squadra esprimeva un gioco tecnico, divertente, libero. I giocatori andavano oltre i propri limiti e giocavano con gioia. Il gruppo prima di ogni cosa. La democrazia riesce a sfatare anche il tabù del risultato, della vittoria.
Per i giocatori del Corinthians “Vincere è bello, ma vincere qui è ancora più bello. Perdere è duro. Ma perdere qui fa meno male”. Per i giocatori della squadra paulista “Ser campeon es solamente detalle”, essere campioni è solo un dettaglio. Anche i tifosi vengono educati a questi valori, principi. La “Democracia Corinthiana” è l’utopia che diventa realtà.
Il progetto del Corinthians ha un impatto sociale e politico molto forte. La squadra entra in campo con le magliette con sopra scritto “Democracia Corinthiana”. Il concetto di democrazia viene esportato sugli spalti, al popolo. La democrazia diventa un marchio.
Prima di ogni partita viene esposto dai giocatori uno striscione “Ganhar ou perder, mas sempre com Democracia”: vincere o perdere, ma sempre con democrazia. La squadra di calcio come esempio del cambiamento, il calcio non più servo del potere, ma contro il potere.
Contribuisce, nel suo piccolo, a democraticizzare le masse. Contribuisce a svegliare il popolo dal torpore della dittatura. La squadra entra in campo con la scritta sulle maglie da gioco: “Dia 15 Vote”, giorno 15 vota. Sensibilizza le persone a votare per le prime elezioni municipali libere. Il Corinthians è lo spot della democrazia che si contrappone alla dittatura.
La fine della Democracia Corinthiana ma non di un sogno
Nel 1984, il progetto termina. Socrates, l’uomo simbolo, il giocatore che quando segnava un gol alzava il pugno al cielo in segno di giubilo, il centrocampista che con i suoi tocchi di tacco infiammava i tifosi, vola in Italia, alla Fiorentina. Altri giocatori, artefici di quel laboratorio vanno via. Quel Corinthians, in campo, esprimeva un gioco spumeggiante, divertente, altamente tecnico, vinse campionati statali, ma mai il campionato nazionale.
Nel 1988 Socrates si ritira dal calcio giocato. Uno dei più grandi talenti del futbol appende le scarpe al chiodo e si mette a fare il medico, come sognava suo papà. Era un uomo che viveva di sogni e utopie. Una vita frenetica e sregolata piena di alcool e fumo condusse “Magrao” ad una morte prematura. Socrates, consapevole che la sua fine era vicina, aveva un’ultima grande utopia da realizzare: “Voglio morire di domenica. Voglio morire con il Corinthians campione”.
Socrates morì il 4 dicembre del 2011. Era una domenica. Quella domenica, il Corinthians vinceva il campionato brasiliano. L’ultimo grande sogno, l’ultima utopia si era realizzata. I giocatori della squadra paulista, i tifosi, quel giorno omaggiarono “El Doutor” alzando il pugno al cielo. Omaggiarono il campione, ma soprattutto l’uomo della “Democracia Corinthiana”.
D’altronde “Ser campeon es solamente detalle”.