“Pari o dispari?”
“Bimbumbam le giù”
“Pari. Te tocca scegliere.”
“Me prendo il ragazzino”
“Ma chi? Lo gnomo?”
“Sì, me prendo lo gnomo”
“Ma sei sicuro? Contento te…”
Lo gnomo era piccolo, anzi il più piccolo. Aveva un qualcosa di diverso, di speciale rispetto agli altri. Era il più piccolo, ma il più forte. Giocava sempre con quel pallone. Per strada, davanti scuola, dribblava macchine, vicoli e palazzi e sognava una maglia giallorossa. Era nato lì, aveva vissuto sempre lì. Giocava fino a quando le strade di periferia diventavano buie. Slalomeggiava tra gli alberi come Bruno Conti, il brasiliano di Nettuno.
Sentivi il pallone rimbombare tra i muri del rione. Era lo gnomo. Lo gnomo con i capelli biondi e gli occhi azzurri che giocava a battimuro con le mura Aureliane. Destro e poi sinistro, sempre contro quel muro. Prendila d’esterno, prendila di collo. Doma il pallone come il gladiatore domava il Colosseo. Prendila ancora, falla rimbalzare e immagina, sogna: “Che bello sarebbe fare un gol sotto la Curva Sud…”.
Lo gnomo correva tra i vicoli e tra la sua gente. Corre dal barista a chiedere un bicchier d’acqua. Corre dall’edicolante a comprare le figurine, con la speranza di beccare quella del “Principe” Giuseppe Giannini. Corre a scuola e poi al campetto in terra battuta fatto di polvere e sabbia.
“Ah regazzì, ma stai sempre a corre. Me sembri Sebino Nela, nun te stanchi mai…”
“Ammazza quanto è forte er ragazzino”. Lo gnomo con il pallone è un mago, incanta e stupisce. “Ah gnomé, ce riesci a colpì i ragazzini che corrono come le paperelle sulle scale?”. Bum e uno, bum e due, bum e tre. Non ne manca uno. “Ammazza gnomé, me sembri Falcao, ma nun te montà er capoccione”.
La sera scende sul Cupolone, sulle mura Aureliane, sui tetti e i vicoli di Roma, della citta eterna, della capitale der monno infame.
Il rimbombo del pallone come ogni sera è frenato dallo strillo di una donna proveniente dalla finestra di quel palazzone di via Vetulonia.
“Ah France, è pronto! Sali a magnà che poi la minestra se fredda. Stai sempre a giocà con quel pallone. Sali muoviti. Daje che stasera t’ho fatto pure la torta per il tuo compleanno”.
“Ah Mà arrivo, altri dieci minuti e arrivo. Ah Mà, famme sto regalo per il mio compleanno, altri dieci minuti. Famme sognà di indossà la maglia giallorossa. Famme sognà un gol all’Olimpico. Famme sognà l’abbraccio della Sud. Famme sognà lo scudetto e la Coppa der Monno. Famme sognà la fascia da capitano… Ah Mà, lo senti il boato dei tifosi? E CON IL NUMERO 10, FRANCESCO TOTTI!. Ah Mà, ma te lo immagini!!”
“Ah Francé, sali che se fredda!”