«Deve andare via, non possiamo buttare nella spazzatura un altro anno senza qualificarci in Champions League. Questo club merita di stare in alto». «Arteta è un allenatore mediocre, non abbiamo tempo per aspettare». «Lo spogliatoio, ormai, ha perso certezze».
Questi erano alcuni commenti dei tifosi dell’Arsenal, al termine del match contro il Manchester City. Era terza giornata dello scorso campionato, i Gunners si trovavano in fondo alla classifica con zero punti. La leadership dell’allenatore era sottoposta in serio dubbio.
Il Guardian scriveva: «Ogni volta, da quando è sulla panchina dell’Arsenal, data la sua inesperienza e la rabbia dei tifosi, esonerare Arteta era probabilmente la cosa più facile da fare. Invece l’Arsenal non ha semplicemente sostenuto il suo allenatore, ma ha sostenuto la sua visione».
L’Arsenal, a fine campionato, si posizionerà al quinto posto, dopo una lunga battaglia con i cugini del Tottenham, che con l’arrivo di Antonio Conte riusciranno a raggiungere l’obbiettivo della qualificazione nella massima competizione europea.
La cavalcata dei ragazzi di Arteta, o meglio, la straordinaria ripresa dopo quell’avvio da incubo, è raccontata dalla serie TV, prodotta da Prime Video: “All or nothing Arsenal”.
Di certo non è una novità, il format “All or nothing” è diventato un affascinante narrazione sportiva attraverso la quale è possibile immergerci nell’anima della squadra: lo spogliatoio.
Allenamenti, dialoghi nell’intervallo di un match, chiacchierate tra i calciatori, a tavola, durante i pasti, interviste in prima persona in cui vengono esposti le preoccupazioni di tutti i membri della squadra. Insomma per lo spettatore diventa un’esperienza catartica catapultata nel mondo del pallone professionista.
Ed è proprio la testimonianza di questo documentario che ci permette di capire l’attuale fantastico momento dell’Arsenal. Al centro di questo meraviglioso cammino di un gruppo di giovani ragazzi c’è il loro “boss”: Mikel Arteta.
Lui, anche giovincello come allenatore, guida i suoi allievi da quattro anni, esattamente come un professore del liceo accompagna i suoi alunni verso la maturità. E quei ragazzi oggi sembrano davvero pronti per l’esame finale: primi in classifica nel campionato più prestigioso del mondo.
Un giorno in sala video assegna un compito di psicologia: mostra, per un istante, ai calciatori due immagini rappresentanti lo stesso schieramento tattico, ma con differenti giocatori. Nella prima, a sinistra, i numeri rappresentanti i giocatori erano ordinati secondo lo schieramento “tipo” della squadra, nella seconda a destra, i giocatori erano disposti secondo un ordine mai provato in allenamento.
Arteta ha voluto così provare ai ragazzi come la maggior parte dei calciatori abbia memorizzato e trascritto, nel breve tempo a disposizione, solo la prima delle due formazioni. Lezione del giorno: «Come il cervello condiziona i vostri allenamenti? Voi avete assimilato quelle posizioni e guardando queste immagini le recepite in base a quello. Durate una partita prendete decisioni in meno di un secondo e oggi volevo far capire a tutti voi quanto è importante per tutti sapere cosa succede in campo, perché vi semplifica le decisioni».
Tecnico molto preparato tatticamente, tuttavia i tre anni passati accanto a Pep Guardiola non passano inosservati. Ma per lui la funzione emotiva conta più di ogni altra cosa.
Nel pre-partita del North London derby contro gli Spurs, disegna sulla lavagna un cuore e un cervello: «Voglio che giochiate con il cuore ma allo stesso tempo senza dimenticarvi del cervello. I due devono andare di pari passo. Il cuore è la vostra passione, ossia quanto siete disposti per vincere. Loro cercheranno di provocarvi ed è qui che entra in scena il cervello: non perdete mai il controllo. Se farete queste due cose, i tifosi vi sosterranno e otterrete la cosa più importante: energia. Vi sentirete improvvisamente forti e invincibili in campo».
Queste due estratti del documentario rappresentano il grande lavoro cognitivo di Arteta sulla crescita della personalità della squadra, lavorando in maniera più profonda di un semplice allenatore, tentando di fare un lavoro pedagogico sui calciatori.
Arteta infatti non è solo quello che sceglie la formazione, ma viene consultato attivamente anche in decisioni che hanno a che fare con il club in generale o con la costruzione della rosa. Se fino allo scorso anno le scelte sugli acquisti si limitavano a giocatori talentuosi da lanciare, l’ultima estate sono arrivati due pezzi da novanta, entrambi dai campioni d’Inghilterra del City: Gabriel Jesus e Oleksandr Zinchenko. Due calciatori che hanno avuto un impatto immediato su questo avvio di stagione fulmineo.
L’attaccante brasiliano sembra giocare un calcio più libero dagli schemi guardiolani e lo si nota dalla spensieratezza quando tocca il pallone. L’ucraino ha portato freschezza sulla fascia sinistra: bravo a legare il gioco negli spigoli del campo, aggiungendo un’altra tacchetta al tasso tecnico della squadra.
L’Arsenal sembra costruita con un senso e ha un gruppo giovane che si diverte a giocare assieme tirando fuori un calcio fresco e, se in giornata esaltante. Nonostante l’età più bassa della Premier (24,5), i Gunners sono una squadra organizzata, in grado di essere fluida in base all’avversario che si trova davanti.
Siamo appena all’inizio, la stagione è lunga, probabilmente le difficoltà arriveranno ma il gruppo ha già passato abbastanza periodi decadenti da trovare rapidamente la forza per rialzarsi.
Una cosa è certa: Arteta e il suo Arsenal hanno trovato una strada che fa sperare in futuro.